21feb2010

EMERGENZA PICCOLA PESCA A STRASCICO: QUALE FUTURO?

EMERGENZA PICCOLA PESCA A STRASCICO: QUALE FUTURO?

MATERIALI CONVEGNO


Il piccolo strascico costiero Nord Adriatico.

Come è noto, il 31 maggio del 2010 terminerà il periodo di applicazione delle deroghe concesse dall'art. 14 del reg. CE 1967/2006 relativo alle "Misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel Mediterraneo" ed entrerà definitivamente in vigore il divieto della pesca a strascico entro le 3 miglia dalla costa, nonché quello inerente l'utilizzo di reti a maglia inferiore a quella regolamentare (40 mm quadrata o 50 mm a losanga).

La fine delle deroghe avrà pesanti ripercussioni negative non soltanto sul comparto del "piccolo strascico costiero nord adriatico", cioè su quelle attività di pesca effettuate nelle 3 Regioni dell'alto Adriatico (Friuli Venezia Giulia, Veneto e Emilia Romagna) attualmente interessate dal regime di deroga, ma anche su molte altre realtà territoriali del nostro Paese dove le c.d. "pesche speciali" ricoprono ancora oggi un ruolo economico e sociale tutt'altro che trascurabile. 

Lo studio commissionato dalla Fondazione della Pesca al CLES S.r.l. ha lo scopo principale di fare il punto sulla situazione produttiva, economica e occupazionale che caratterizza in particolare il comparto del "piccolo strascico costiero nord adriatico" e di valutare specificamente gli impatti economici e sociali che la fine delle deroghe concesse dal Regolamento CE produrrà nelle 3 Regioni in esame, identificando al contempo possibili misure di intervento di tipo compensativo volte ad alleviare gli effetti negativi che inevitabilmente si determineranno sugli operatori del settore.

 

Secondo le informazioni fornite dalle 6 Capitanerie di porto dell'alto Adriatico, il quadro attuale delle autorizzazione risulta essere il seguente:

  • 318 imbarcazioni sono in possesso dell'autorizzazione per effettuare la pesca a strascico entro le 3 miglia, nel periodo compreso fra il 1° novembre ed il 31 marzo; in gran parte si tratta di imbarcazioni operanti in Emilia Romagna (155 unità) e Veneto (125 unità);
  • 193 imbarcazioni risultano viceversa autorizzate alla pesca delle seppie[1] che può essere anch'essa effettuata in deroga nei 6 compartimenti marittimi dell'alto Adriatico entro il limite delle 3 miglia costiere nel periodo compreso fra il 1° aprile ed il 15 giugno[2].

 

Secondo le stime realizzate dal CLES S.r.l., l'applicazione della normativa comunitaria dovrebbe comportare per gli armatori direttamente coinvolti una perdita di fatturato che si aggira su di un valore pari a quasi 12 milioni di euro l'anno, per oltre la metà concentrato nelle marinerie del Veneto. Se tuttavia non ci si limita a considerare soltanto gli impatti diretti, ma si tiene anche conto degli effetti economici di tipo indiretto ed indotto,  che si trasmettono "a cascata" su tutti quei comparti di attività che sono collegati alla filiera produttiva ittica, il danno complessivamente prodotto nelle 3 Regioni alto Adriatiche è quantificabile in circa 19 milioni di euro. Naturalmente, anche gli effetti sull'occupazione appaiono considerevoli. In particolare, secondo le stime effettuate il calo dell'occupazione diretta è quantificabile in circa 350 unità, mentre se si considerano anche gli effetti indiretti ed indotti la perdita occupazionale risulterebbe pari a quasi 400 unità lavorative.

 

In questo quadro emerge la necessità e l'urgenza di identificare e mettere rapidamente in campo delle azioni compensative e delle misure di accompagnamento volte a ridurre e/o contrastare gli impatti negativi sul piano economico ed occupazionale che l'applicazione della normativa comunitaria inevitabilmente produrrà. In linea generale, l'obiettivo principale verso cui puntare dovrebbe essere quello di consentire a coloro che praticano ancora oggi nelle 3 Regioni alto Adriatiche la pesca a strascico entro le 3 miglia, di continuare a svolgere l'attività di pesca anche dopo il 31 maggio del 2010, pur dovendo cambiare sistema di pesca o limite di operatività. Per una parte dei battelli attualmente autorizzati tale prospettiva non sembra tuttavia realistica, tenendo soprattutto conto del fatto che, almeno in alcuni casi, si tratta di imbarcazioni di piccole dimensioni, spesso vetuste e generalmente non adatte da un punto di vista strutturale ad operare in modo diverso da quanto fanno attualmente.

 

Nella parte conclusiva dello studio viene pertanto proposto un articolato insieme di interventi che dovrebbe essere messo in campo a favore del settore, per alleviare gli effetti negativi indotti dall'applicazione del regolamento comunitario. In estrema sintesi, tali interventi dovrebbero essere finalizzati a:

 

  • favorire il passaggio dei piccoli motopescherecci dalla pesca a strascico verso altri sistemi di pesca costieri;
  • promuovere processi di ammodernamento e crescita dimensionale delle imbarcazioni;
  • prevedere in via sperimentale delle specifiche deroghe per alcune attività di pesca tradizionale;
  • definire un programma di fermo definitivo a favore degli operatori che abbandonano l'attività di pesca.

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[1]            Come è noto, le seppie costituiscono una delle risorse ittiche più importanti per i pescatori dell'alto Adriatico e una parte significativa del pescato totale viene catturata utilizzando il sistema della pesca a strascico nel periodo primaverile quando appunto un certo numero di imbarcazioni risultano autorizzate a praticare questo sistema di pesca entro le 3 miglia costiere.

[2]            Tale autorizzazione limita l'attività in Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna fino ad 1,5 miglia dalla costa, mentre nel Veneto tale tipo di pesca è consentita fino a 600 metri dalla riva.

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 CLES S.r.l.

 


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